Scheda progetto
Stelle, Gelindi, tre Re
Alla (ri)scoperta di antichi canti alpini natalizio-epifanici
Produzione (2019)
Fondazione Luigi Clerici, MIlano
Un progetto di Renato Morelli
ispirato al volume omonimo (Nota, Geos, cd book 455, Udine 2014)
con
Renato Morelli Voce recitante
Cantori tradizionali della Stella
Multimedia con foto e immagini storico-archivistiche
Sinossi
Uno spettacolo che unisce la voce cantata a quella recitata, le esecuzioni live a un multimedia con un ricco apparato di foto e immagini storico-archivistiche, in un avvincente racconto-inchiesta alla (ri)scoperta di antichi canti natalizio-epifanici alpini, legati alle questue della Stella o dei Tre Re. Un percorso multimediale a ritroso che, partendo dal ritrovamento in Val dei Mòcheni della seicentesca “Raccolta Michi”, porta nuova luce sull’origine e le fonti di questa tradizione, scavando nelle pieghe della “micro-storia”, per arrivare alla “Grande-Storia” della Riforma luterana e del Concilio di Trento con le sue “Laudi a travestimento spirituale”.
Un progetto di teatro-musica, che narra le vicende di una ricerca lunga e “avventurosa” scorrendo attraverso i canti (sia a cappella sia con accompagnamento strumentale di violino, flauto, fisarmonica) che vanno dalla tradizione orale contemporanea fino alle laudi del Cinquecento.
Presentazione
L’usanza di eseguire canti di questua (della Stella o dei Tre Re), da parte di cantori itineranti, nel periodo che va da Natale all’Epifania, è documentata in varie località dell’arco alpino.
Si tratta di un repertorio “di confine” fra popolare e colto, scritto e orale, sacro e profano, sul quale la ricerca – fino a pochi anni fa – registrava vistose lacune. Studiosi che hanno descritto e documentato questi canti della Stella non erano riusciti infatti a trovare fonti a stampa, cui poter riferire le numerose trascrizioni manoscritte riportate successivamente nei foglietti utilizzati dai cantori.
Nel corso di una ricerca condotta da Renato Morelli in Val dei Mòcheni negli anni Ottanta, è stato possibile trovare il testo a stampa a lungo ricercato: un volumetto di Sacri canti raccolti da Don Giambattista Michi, di Tesero, nella seconda metà del 1600.
Da quella “scoperta” è derivata la ricerca sulle origini del rito della Stella, sulla sua distribuzione in uno spazio che, dal Canton Ticino arriva ai territori, italiani, tedeschi, boemi e sloveni dell’ex-Austria-Ungheria, sulla sua originaria matrice controriformista e gesuitica legata direttamente al Concilio di Trento. La controriforma promosse infatti un’iniziativa di vasto respiro strategico finalizzata a contrastare da sud, e cioè dal versante italiano dell’arco alpino, l’avanzata dell’eresia che, scendendo da nord, trovava seguaci anche al di qua delle Alpi; con l’eresia arrivavano anche i canti riformati – calvinisti e luterani – per la prima volta non nella lingua latina della chiesa romana, bensì nella lingua “volgare” … ladino-romancia, francese, italiana, tedesca. Bisognava dunque mettere in circolazione nuovi canti spirituali in lingua italiana, al fine di arginare la pericolosa infiltrazione dei libri di canto eretici e riformati. Per questo durante il Concilio di Trento venne fondata una commissione di sacerdoti musicisti, guidati da san Carlo Borromeo. Lavorarono sei anni, utilizzando la vecchia e collaudata tecnica del “travestimento spirituale”. Prendevano cioè vecchi canti profani, anche licenziosi e trasgressivi, ma “noti al volgo” e sostituivano le parole con testi spirituali, trasformandoli così nelle cosiddette “laudi a travestimento spirituale”.Ebbene, cinque testi del Michi provengono, più o meno letteralmente, dalle più importanti raccolte di “laudi a travestimento spirituale”, del Concilio di Trento.
Scrive a questo proposito Roberto Leydi, decano del’’etnomusicologia italiana: «La ricerca di Morelli sulle laudi e sui canti possono recare un contributo non secondario alla conoscenza del Concilio tridentino che tanto è stato studiato, confutato e celebrato in tutte le altre sue manifestazioni, comprese quelle musicali “alte”, ma assai meno preso in considerazione nelle sue conseguenze musicali “basse”, popolari.»